Famiglia

MIM: Per una politica della società “reale”

Sintesi della relazione introduttiva di P.Beniamino Rossi c.s. al Meeting Internazionale sulle Migrazioni (sintesi di Gabriele Beltrami)

di Giuseppe Lanzi

Loreto (AN) Scheda sintetica della relazione di padre Beniamino Rossi,presidente dell’ASCS onlus. (La relazione integrale è scaricabile alla pagina Sala Stampa del sito del Meeting)

P. Beniamino Rossi, presidente dell?ASCS (Associazione Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo), ha aperto con il suo contributo la prima giornata del 9° Meeting Internazionale sulle Migrazioni a Loreto. Il cambiamento di prospettiva nella riflessione sulle migrazioni è stato il punto di partenza di un intervento ampio e dettagliato.

Il multiculturalismo economico, sostiene P. Beniamino, propone una gestione pragmatica delle differenze etniche e culturali, ma da qui si deve passare ad una riflessione più approfondita della convivenza delle differenze nella società. L?integrazione, intesa in modo tradizionale, non funziona più e i nuovi arrivati non sembrano adattarsi e al contrario pare rivendichino una diversità proprio con il passare del tempo, quasi consolidassero la loro identità etnica.

La relazione si è poi concentrata nel tracciare un quadro della politica europea d?immigrazione nell?immediato dopoguerra, quando l?Europa si è confrontata con un complesso programma di ricostruzione: a quella demografica e materiale si è aggiunta quella politica, sociale, culturale e ?spirituale?. Le migrazioni entrano strutturalmente in questo processo, ma si deve attendere la costituzione nel 1952 della CECA (Comunità Europea Carbone Acciaio) e il Trattato di Roma del 1956 con la nascita del MEC (Mercato Europeo Comune, la futura Unione Europea) per vedere iniziato in Europa una nuova cultura unitaria ed un processo di unificazione economica, sociale e politica. È la nuova strada per sopperire alla crisi dello Stato?Nazione ottocentesco e per intravedere e ritagliarsi una collocazione ed un ruolo economico e politico all?interno dei due blocchi che caratterizzavo l?epoca della guerra fredda.
La riflessione interculturale in Europa trova il suo inizio nella crisi energetica del 1973/74 che determina un po? ovunque nel continente, con una forte tradizione immigratoria, il blocco delle entrate e con essa cinque fenomeni strettamente collegati tra loro: la stabilizzazione degli immigrati, l?allargamento dell?immigrazione a tutti i Paesi europei, l?aumento dell?immigrazione clandestina, la nascita di una società pluriculturale, il consolidarsi di una xenofobia culturale.

Lo studioso A. Perotti evidenziava a riguardo cinque elementi caratterizzanti la pluriculturalità delle società europee : la pluriculturalità tipica della civilizzazione del nostro tempo, quella linguistica ed etnica frutto della storia delle singole nazioni, quella determinata dalla stabilizzazione delle migrazioni economiche e politiche, la pluri etnicità e pluri religiosità frutto della storia della colonizzazione e della decolonizzazione, e infine la diversità culturale delle società europee come contrassegnata dalla storia delle loro stesse emigrazioni.

P. Beniamino ha proseguito presentando il cammino verso un progetto di società interculturale, il modello di un pluriculturalismo ?aperto? il quale prevede che le comunità etniche non sviluppano strutture parallele, ma tendono a modificarle. Lo scopo è la partecipazione piena delle minoranze alla vita della società e per realizzarlo è costretto a mettere in atto misure legali e giuridiche atte allo scopo.

La riflessione ha poi evidenziato alcuni presupposti di fondo per la costruzione di una società interculturale. Il tema del pluralismo culturale fa parte da oltre venti anni del dibattito pedagogico ed educativo in Europa. Dalla domanda circa quale scuola immaginare, quale insegnamento e quale educazione trasmettere per preparare i giovani a situarsi in una società pluriculturali si è, quindi, passati ad altri interrogativi. Una per tutte: ?È praticamente concepibile e realizzabile una società pluriculturale, rispettosa delle identità culturali della popolazione che la compone e che rimanga nello sesso tempo una ?società integrata?, ?società coesa?, intesa in senso dinamico come società a forte intensità e qualità di legami sociali??.
Richiamando ancora la figura di A. Perotti, P. Beniamino ha ricordato come proprio durante un?edizione del Meeting egli propose una formulazione magistrale per fondare ?la democrazia culturale? come progetto politico interculturale per la società europea. Come egli notava, ?è necessario che noi affrontiamo oggi la conflittualità tra identità culturali e coesione sociale, per costruire o radicare nella società la democrazia culturale?. Questa analisi chiarisce la posta in gioco che si presenta oggi alla politica: la necessità di passare da una politica liberale limitata alla protezione della libertà e dell?uguaglianza tra individui a un riconoscimento politico delle identità culturali allo scopo di pervenire a una democratizzazione della società, intesa come ?soggettivizzazione? della vita politica.

A. Perotti precisava come a fondamento della democrazia culturale non ci sia la comunità morale e neppure la comunità culturale, ma piuttosto la comunità politica cui si appartiene per il linguaggio comune dell?interazione che è il diritto e che costituisce la comunità in quanto sviluppa la nostra identità politica o la dimensione politica delle nostre diverse identità. Essa ha per scopo quello di conservare le forme di vita particolari in quanto esse costituiscono il mezzo attraverso cui individui diversi da tanti punti di vista possono comunicare, intendersi e comprendersi: permettere l?interazione, l?intreccio, il discorso tra le diversità particolari.

Questo approccio della politica della differenza si distingue dalla posizione liberale perché considera l?universalità non già come un dato, ma come un orizzonte da costruire progressivamente a partire dal discorso politico e sociale. In effetti, al processo di ?pluralizzazione? dell?umanità corrisponde una vocazione all?unità, come compito e come punto di arrivo, in una visione che si vuole raggiungere ma che non è ancora posseduta.

Concludendo il suo intervento, P. Beniamino Rossi ha esposto una panoramica della presenza straniera in Europa: oltre 25 milioni sono gli stranieri regolari (il 5,6%) a cui aggiungere i quasi 2 milioni di stranieri di Svizzera a Norvegia arrivando ai 27 milioni di stranieri (5,8% della popolazione totale). La maggioranza degli immigrati si trova in 5 Paesi (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Italia) che rappresentano il 65% della popolazione dell?Unione ed ospitano il 75% degli immigrati. Le società europee, nessuna esclusa, sono fortemente segnate dalla presenza dei migranti nel loro tessuto produttivo, sociale e culturale: una presenza diventata ?strutturale? in tutti i Paesi dell?Unione. Tuttavia, i migranti sono collocati e rimangono in una specie di ?limbo? sociale, culturale e politico, senza nessuna consistenza e senza ?peso politico? nella società.

In una società sempre più pluralistica, basandosi sulle acquisizioni moderne dei diritti della persona umana, si è chiamati ad entrare in una nuova fase della democrazia: la ?democrazia culturale? o ?democrazia delle culture?.
Un primo passo è riconoscere ai migranti il loro ?peso politico?, solo così si potrà promuovere ?una democrazia di tutti e per tutti?, senza escludere dal processo democratico una parte consistente e vitale della società, costituita dai migranti. Il Presidente Napolitano nel suo discorso di insediamento, ricordando i diritti inviolabili dell?uomo e il principio di uguaglianza senza distinzione di sesso, di razza, di lingua e di religione, che si integrano e completano nella Carta europea aperta ai nuovi diritti civili e sociali, sottolineava: ?Essi non possono non riconoscersi a uomini e donne che entrano a far parte, da immigrati, della nostra comunità nazionale, contribuendo alla sua prosperità?.

Un secondo passo è quello di operare un passaggio culturale nella politica: passare da ?politiche speciali? o settoriali da mettere in atto per ?governare? un fenomeno visto come una specie di ?patologia sociale?, ad una visione della politica come gestione delle conflittualità e delle diversità di cui la società stessa è composta, in vista di promuovere una società coesa e capace di convivenza. L?augurio espresso al termine dell?intervento è stato che il 9° Meeting Internazionale sulle Migrazioni possa dare il suo contributo a chiarificare non solo le problematiche attuali delle migrazioni in Europa, ma anche lanciare all?opinione pubblica ed ai politici un messaggio forte e chiaro perché venga riconosciuto ai migranti il loro peso politico, perché senza la loro partecipazione le nostre società sono meno democratiche e perché la nostra democrazia ha bisogno della loro diversità.

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